“Vola solo chi osa farlo” ci lascia questo regalo Luis Sepulveda. L’immagine della gabbianella che spicca finalmente il volo, dimostrando al mondo, e soprattutto a sé stessa, che l’unico modo per volare risiede nel coraggio. E che del coraggio ti ricordi solo quando sei sull’orlo del precipizio. Questo straordinario momento, complesso e pieno di incertezze, che ci ha fatto repentinamente perdere le nostre sicurezze, ci dà proprio questa possibilità.
Di scoprire il coraggio di cambiare.
Per ripartire dopo questo brusco e faticoso stop, occorre abbandonare le proprie sicurezze, affrontare il cambiamento, e spiccare il volo. Nessuno, infatti, può davvero insegnarci a volare, o se volete a cambiare, se non troviamo il coraggio noi per primi di acquisire nuove consapevolezze, di modificare prospettiva, nella nostra vita, nei nostri modelli di business, nella società. Quello che sta accadendo ci sta cambiando in profondità. Ci sta insegnando ad avere sulle cose uno sguardo diverso. A definire nuove priorità. Ad orientare in modo diverso i nostri consumi. A ristabilire nuovi equilibri. Impariamo quello che ci sta comunicando.
La prima “lezione” che ci sta insegnando questo tempo è avere a che fare con l’incertezza.
La ricerca continua di notizie ed informazioni non ci libera dal senso di insicurezza che ci ha dato il confrontarci con qualcosa di nuovo. Cambiare sguardo significa prima di tutto rinunciare a dare una risposta certa a tutto. Ammettere di non potere né prevedere né controllare tutto. Solo questo ci permette di apprendere un modo nuovo di fare le cose e superare le nostre insicurezze celate dietro il bisogno di farsi trovare “sempre sul pezzo”. L’incertezza ci rende insicuri e ci impedisce di programmare noi il nostro futuro fino a quando non avremo identificato le coordinate del presente. Chi gestisce progetti complessi sa che invece l’incertezza è una variabile inevitabile: non esiste progetto senza un grado di incertezza. Solo l’incertezza permette di guardare al problema da prospettive diverse da quella solita. Quella prospettiva che genera l’innovazione. Ed allora la lezione da trarre è imparare che la nostra conoscenza è sempre parziale ed incompleta, e che non si può avere il pieno controllo sulle cose. La via per osare e volare è imparare ad avere nuovi punti di riferimento. Ripartire innovando i nostri modelli di vita e di business, e non semplicemente riprendere esattamente da dove eravamo rimasti. Non è alla normalità che dobbiamo tornare, perché non era quella la normalità.
La seconda lezione ci invita a “rallentare”. Fermandoci abbiamo riscoperto il tempo, il suo valore. Il valore delle relazioni e delle connessioni. Abbiamo appreso che il digitale non può sostituire le relazioni fisiche ma può aiutare a rendere ottimali molti lavori. Difficile pensare che si tornerà completamente indietro, a dover essere sempre fisicamente presenti al lavoro, e non semplicemente connessi e produttivi. Abbiamo scoperto il valore della solidarietà, come capita nelle crisi di sistema, dove ci si sente sulla stessa barca e si rivolge un sorriso persino a chi ti prende il posto in fila al supermercato, si pensa al bisogno di chi ha meno di te, si presta (finalmente) attenzione all’esperienza della precarietà. La spinta al cambiamento ci viene in questo caso mosso dall’esperienza della fragilità umana. La pandemia ci ha dispiegato che, per quanti sforzi facciamo, non siamo mai padroni del nostro destino. Di fronte a questa fragilità, abbiamo l’opportunità di scopre la qualità etica del legame che unisce le comunità. L’esercizio della responsabilità di ciascuno verso la sicurezza di tutti. La sentinella posta a difesa del bene comune. Quella che sinora abbiamo delegato ad altri.
Terza lezione: abbiamo capito che nessuno si salva da solo.
Ed allora, cogliamo l’occasione per redistribuire la ricchezza e riportare le disuguaglianze sociali a un livello accettabile e degno di una società collettiva. Ai livelli a cui eravamo attestati, nessuna società può veramente dirsi <comunità>. È un tema cruciale che deve vederci tutti coinvolti perché mina qualsiasi nostra ipotetica idea di futuro. Vale questa lezione anche per qualcuno dei nostri interlocutori europei.
La quarta lezione parla di competenza.
Ce ne eravamo dimenticati. Scopriamo invece quanto sia necessario riscoprire due condizioni spesso carenti nello scenario politico, ma che dovrebbero rappresentare i requisiti fondamentali per entrare a farne parte: la qualità del pensiero politico e la capacità di amministrazione. Abbiamo sperimentato, e ci voleva l’esplosione di un’emergenza epidemiologica di tale portata, che non è possibile prescindere da personalità che sappiano maneggiare con cura la cosa pubblica e facciano ripartire un motore burocratico ingolfato da decenni, soprattutto ora che ci sarà bisogno di una svolta per rilanciare gradualmente il sistema produttivo del Paese. Cogliamo l’occasione per affermare un sistema più preparato ed efficace, che ci renda più credibili anche sul piano internazionale.
La quinta lezione ci invita a ridare valore all’autenticità.
ll momento che stiamo attraversando ci offre la possibilità, davvero unica, di ritrovare una dimensione più umana, di togliere il superfluo, di ridare valore ai consumi. L’opportunità davanti alla quale ci mette questo momento è di rendersi conto di ciò che si compra, del rapporto tra la qualità e il prezzo, comprare scegliendo e non accumulando, scegliere la qualità, la materia di cui sono fatti gli oggetti necessari. Significa scegliere di fare consumo consapevole, due parole che abbiamo sempre letto nei testi di sostenibilità ma che non avevamo fatto nostri, pensando che fossero destinati solo ad un’elite ambientalista. Questa è forse la più importante lezione che possiamo trarre da questo momento. Semplificare i consumi, apprezzare il prodotto che si compra, rivalutare la filiera. E comprare locale. Non siamo idealisti, lo sappiamo che ci vorrà tempo per metabolizzare queste lezioni. Ma le cose cambiano solo per uno choc gestito bene. Cambiano quando trasformiamo la crisi in rinascita. Quando sostituiamo la parola problema con la parola sfida. Lo choc è arrivato, la crisi la stiamo soffrendo, la fine non è ancora arrivata. Ma si intravede la luce alla fine del tunnel. I pezzi ci sono tutti sulla scacchiera. E’ una partita che ci aspetta da tanto tempo, ne avevamo schivato i segnali. Avevamo proseguito incuranti. Ma adesso non ci sono più scusanti. Impariamo la lezione dell’avversità e trasformiamola in opportunità.
Il futuro ci viene incontro nella forma dell’esigenza del cambiamento. E ci offre qualcosa di inatteso, la possibilità di avere uno sguardo nuovo sulle cose. Lasciamolo accadere.