Antonio Gramsci ha reso in parole il significato potente della responsabilità attraverso il suo ‘contrario’: l’indifferenza, il tirarsi fuori dalle soluzioni.
Odio gli indifferenti esprime la necessità di essere dentro le cose, di assumersi l’onere di essere protagonisti del cambiamento.
Se ci tiriamo fuori, lo sappiamo, le cose succedono lo stesso. Ed è vano poi subirne o cercare la cause del perché sono accadute, quando ormai è troppo tardi.
Impariamo invece ad essere con-sapevoli , ad essere cioè <dentro le cose>. Rendiamoci parte nel farle accadere.
L’indifferenza è il peso morto della storia.E’ un’ancora per il novatore. E’ la palude in cui affoga l’entusiasmo. L’indifferenza opera solo a distruggere i progetti. Silenziosamente opera per non generare trasformazione.
L’indifferenza significa consegnare il risultato alla fatalità. Significa delegare al caso il merito. Il più mortificante degli ossimori.
Ciò che non accade, non è dovuto all’iniziativa sbagliata dei pochi che operano, quanto all’indifferenza, all’assenteismo dei molti.
Ciò che avviene, non avviene tanto perché alcuni vogliono che avvenga, quanto perché gli indifferenti abdicano alla volontà, lasciano fare, delegano ad altri ciò di cui invece dovrebbero assumersi la responsabilità e l’impegno.
Solo nel ‘dopo’, gli indifferenti tirano le somme delle altrui colpe, senza mai puntare il riflettore su ciò che avrebbero potuto fare e non hanno fatto. Su ciò che hanno lasciato – nell’inerzia colpevole – lasciato che non accadesse.
Ricercando – fuori da sé – un bersaglio su cui scaricare le colpe. Affermando così la loro assenza da ogni responsabilità.
E non perché non già che non vedano chiaro nelle cose, e che qualche volta non siano capaci di prospettare bellissime soluzioni dei problemi più urgenti, o di quelli che, pur richiedendo ampia preparazione e tempo, sono tuttavia altrettanto urgenti. Le soluzioni finiscono per rimanere infeconde, per colpevole assenza.
Ed allora l’invito ad essere sempre e comunque di parte, per essere parte delle cose.
<Odio gli indifferenti.
Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia.
L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare.
Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?
Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.
Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.>