Le domande giuste

Il cambiamento nasce dalle domande <giuste>. Da una diversa prospettiva con cui affrontiamo i nostri perché. Dalla direzione che diamo ed alle priorità che assegniamo a ciò di cui vogliamo colmare il nostro sapere.

Una bellissima poesia del 1890 attribuita ad un’indiana della tribù degli Oriah sposta l’attenzione sul valore dell’empatia. Su ciò che ci chiediamo quando davvero entriamo in connessione con gli altri. E spostiamo l’attenzione dai contorni all’essenziale.

Sapersi sedersi con il dolore dell’altro, vedere la bellezza anche quando non è così tutti giorni, lasciarsi riempire dall’estasi, rischiare tutto per realizzare i sogni del cuore.

Sono le domande giuste sulle persone che ci connettono con loro e creano, anche nelle organizzazioni di lavoro, il ‘clima’ giusto per costruire sistemi generativi.

Non importa la storia delle persone, conta il loro vissuto, importa che sia autentico in ogni sua espressione.

È l’autenticità che crea legami generati sulla fiducia. Ed è il legame di fiducia quello che anima la generatività.

<Non mi interessa cosa fai per vivere, voglio sapere per cosa sospiri, e se rischi il tutto per trovare i sogni del tuo cuore. Non mi interessa quanti anni hai, voglio sapere se ancora vuoi rischiare di sembrare stupido per l’amore, per i sogni, per l’avventura di essere vivo.

Non voglio sapere che pianeti minacciano la tua luna, voglio sapere se hai toccato il centro del tuo dolore, se sei rimasto aperto dopo i tradimenti della vita, o se ti sei rinchiuso per paura del dolore futuro.

Voglio sapere se puoi sederti con il dolore, il mio o il tuo; se puoi ballare pazzamente e lasciare l’estasi riempirti fino alla punta delle dita senza prevenirci di cautela, di essere realisti, o di ricordarci le limitazioni degli esseri umani.

Non voglio sapere se la storia che mi stai raccontando sia vera. Voglio sapere se sei capace di deludere un altro per essere autentico a te stesso, se puoi subire l’accusa di un tradimento e, non tradire la tua anima. Voglio sapere se sei fedele e quindi di fiducia.

Voglio sapere se sai vedere la bellezza anche quando non è bella tutti i giorni; se sei capace di far sorgere la tua vita con la tua sola presenza.

Voglio sapere se puoi vivere con il fracasso, tuo o mio, e continuare a gridare all’argento di una luna piena.

Non mi interessa sapere dove abiti o quanti soldi hai, mi interessa se ti puoi alzare dopo una notte di dolore, triste o spaccato in due, e fare quel che si deve fare per i bambini.

Non mi interessa chi sei, o come hai fatto per arrivare qui, voglio sapere se sapresti restare in mezzo al fuoco con me, e non retrocedere.

Non voglio sapere cosa hai studiato, o con chi o dove, voglio sapere cosa ti sostiene dentro, quando tutto il resto non l’ha fatto.

Voglio sapere se sai stare da solo con te stesso, e se veramente ti piace la compagnia che hai nei momenti vuoti.>

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