<Il più grande spreco nel mondo è la differenza tra ciò che siamo e ciò che potremmo diventare.>
In ogni scelta di cambiamento c’è sempre qualcosa che si oppone alla trasformazione tra ciò che siamo e ciò che possiamo diventare, o tra ciò che è e ciò che possiamo far accadere.
Come una forza resistente, un attrito che impatta e dà potenza o la toglie al cambiamento. Ed è proprio sull’attrito che dobbiamo lavorare.
In fisica esistono 2 diversi tipi di attrito: l’attrito statico e l’attrito dinamico.
L’attrito statico è quella forza che si oppone al movimento di un corpo che si verifica quando un oggetto poggia su una superficie piana ma non si muove. E’ dovuto a tutte quelle interazioni che avvengono tra le superfici dei due materiali a contatto. Queste interazioni causano una <resistenza> al movimento, che impedisce all’oggetto di spostarsi.
L’entità dell’attrito statico dipende dalle proprietà delle superfici in contatto, come la pressione (grado di radicamento nelle abitudini, tensione esplorativa), la composizione chimica (influenzabilità, spirito esplorativo), la temperatura (allenamento al cambiamento), la densità (rapporto tra singolo e collettività, tra professionista ed organizzazione).
Un esempio di attrito statico necessario è l’attrito tra le suole delle nostre scarpe e il suolo, che è poi è quello che ci permette di camminare e senza il quale perderemmo aderenza al contesto e scivoleremmo senza avere la guida del cammino.
L’attrito dinamico è invece quello che condiziona il movimento di un corpo su una superficie a sua volta in movimento. Questa forza di attrito dipende dalla velocità dell’oggetto e dalla ruvidezza delle due superfici in contatto.
Si tratta di due diversi tipi di attrito, davanti ai quali dobbiamo porci differentemente.
Facciamo attenzione alla differenza tra le due forme di attrito: il primo deve essere “vinto” per poter cominciare il nostro cammino; il secondo è funzionale al percorso e ci accompagnerà durante tutto il tragitto se sarà da noi ben gestito.
Quando l’attrito che ci condiziona nelle nostre scelte di cambiamento è di tipo statico, a frenarci è il legame tra noi e l’ambiente che ci circonda. Ed è allora sul contesto che dobbiamo lavorare e sulla nostra dipendenza da esso, sulle nostre abitudini, sulle nostre convinzioni, e sulle interazioni che abbiamo con quello che è oggi il presente.
L’attrito statico infatti ci fa stare fermi e ci impedisce di <immaginarci in movimento>. Basterà superarlo, quel famoso ‘primo passo che ci mette in cammino’, e poi camminando impareremo a percepire il divenire del contesto e scoprire che era la nostra percezione a frenarci. Camminando infatti si risolve https://cleolicalzi.it/2021/04/01/camminando-si-risolve/
Se invece a condizionare le nostre scelte è un un attrito di tipo dinamico, quando cioè il contesto intorno a noi muta velocemente, ma siamo noi resistenti a farlo, è sulla nostra consapevolezza che dobbiamo lavorare.
Siamo infatti dentro un problema di <pesantezza>. Proviamo allora a chiederci quanto siamo disposti a essere leggeri durante il nostro percorso di cambiamento, quanto siamo davvero pronti ad alleggerire il nostro bagaglio? https://cleolicalzi.it/2020/08/07/bagaglio-leggero/
Ed è da queste risposte che trasformeremo l’attrito in quella forza che ci permette di muoverci senza scivolare. E’ l’attrito infatti che permette alle ruote di un’automobile di avere aderenza sull’asfalto, permettendo di frenare, ma anche di partire.
Se facciamo attenzione agli attriti, avvertiremo che è l’attrito che ci mette in movimento e ci mantiene in equilibrio. E che senza non avremmo la necessaria <aderenza> ai cammini che intraprendiamo.
Impariamo a diventare agili, a scoprire che per restare in equilibrio, dobbiamo metterci in movimento.