Si era sempre saltato con uno stile che permetteva di tenere bene sott’occhio l’asticella.
C’era chi saltava con la sforbiciata, chi affrontava il salto con lo stile cosiddetto ‘ventrale’. Ma tutti saltavano tenendo lo sguardo sempre rivolto verso il basso, come se lo staccarsi da terra fosse un gesto involontario, e si volesse sempre mantenere un certo margine di sicurezza, il contatto anche solo visivo con la propria zona comfort.
Si andò avanti così per 72 anni, dal momento in cui il salto in alto divenne disciplina olimpionica. Sino a quando nel 1968 in pedana non si presentò un americano mingherlino, Richard Douhglas Fosbury, ritenuto sino ad allora un atleta senza alcun particolare talento.
Ed invece Dick Fosbury sorprese tutti, entrò in gioco contro ogni pronostico e con un guizzo cambiò le regole del gioco. Imponendo quello che da quel momento divenne <lo stile Fosbury>.
La rivoluzione di Fosbury fu nel cambio di prospettiva. Lo sguardo rivolto non più rivolto a cosa si lasciava, ma <verso dove si andava>.
Fosbury voltò le spalle al terreno e apri la sua visuale verso l’alto. Staccò la mente dai suoi limiti e la volse verso i suoi obiettivi.
Il suo era non solo un salto verso l’alto, ma <verso altro>.
Così, cambiata la prospettiva, non fu più l’asticella da superare il limite dell’orizzonte, ma a guidare il salto fu lo sguardo rivolto in alto, oltre ogni limite.
Mentre gli altri saltavano un ostacolo, il giovane Fosbury decise di osare e …volare oltre l’ostacolo (https://cleolicalzi.it/2021/05/20/il-nemico-che-ce-in-noi/).
Fosbury con il suo cambio di prospettiva, cambiò la storia del salto in alto.
Preparazione mentale, focus sull’obiettivo, rincorsa e acquistata la massima velocità, pronti a decollare verso la meta.
Era il coraggio dell’innovazione il suo talento. Quella sua tecnica, assurda, rivoluzionaria e accolta con tanto scetticismo, che ancora oggi resiste ed ha permesso di far raggiungere a tanti come lui altezze mai immaginate prima.
Lo stile Fosbury fu battezzato <Fosbury flop> la cui traduzione letterale è ‘fallimento’.
E richiama proprio il valore del ‘fallimento’ , dell’errore, come leva per cambiare prospettiva e salire di livello.
Fosbury osò, dove tutti lo sconsigliavano. Ma la sua forza fu proprio l’imperfezionismo (https://cleolicalzi.it/2020/07/12/limperfetta-meraviglia/).
Quello che per tanti era un errore nell’impostazione del salto, per Dick Fosbury era il cambiamento necessario.
Le probabilità di svettare nel salto per lui, atleticamente meno dotato di altri, non giocavano a favore, ma lui partì da questo per compiere quella che ancora oggi rappresenta la leadership nel salto in alto.
Un solo tipo di persone fallisce veramente: quelle che non rischiano. Gli altri innovano.
Fosbury come Bebe Vio ci insegna come se sembra impossibile, si può fare (https://cleolicalzi.it/2021/09/01/bebe-ed-il-superpotere-dei-sogni/).
Chi crede che l’impossibile non sia realizzabile e ripete le prassi sempre fatte dagli altri, va verso gli ostacoli <a pancia bassa>, rimanendo certo al sicuro da errori e fallimenti.
Ma così facendo non compierà mai quel <piccolo ordinario miracolo> che è rompere gli schemi, superare gli ostacoli e volare verso nuove mete. Con lo sguardo rivolto <oltre>.