La crisi pandemica ha messo in moto un profondo cambiamento dentro l’Europa. Qualcosa che però ci deve riguardare da vicino. Anche a chi sino ad ora ha visto l’Europa solo come un’astratta entità da usare come bancomat o a cui scaricare le colpe per le conseguenze di un deficit pubblico ai limiti della sostenibilità, figlio di politiche pubbliche miopi che non hanno innescato concreti processi di sviluppo.
La Commissione Europea ha proposto un piano di ripresa ambizioso e senza precedenti: 750 miliardi di euro solo per Next Generation Ue.
Per l’Italia questo significa 209 miliardi di euro di EU Next Generation, messi a disposizione dall’Europa non per coprire i disastri del passato ma per avviare riforme strutturali che riportino lo sviluppo e la crescita inclusiva centrali nell’agenda di sviluppo del Paese.
L’Europa ha messo in campo un piano di straordinario impatto. La scusa che mancano le risorse per sostenere le politiche di sviluppo che davvero servono al paese, quindi, non regge più.
Il tema invece è se l’Italia sarà capace di sfruttare la crisi per costruire un cambiamento generativo di nuova economia. Partendo dai paradigmi di scelta politica e dalla qualità degli attori in campo. Stavolta le risorse ci sono e pure tante.
Ed il piano che arriva dall’Europa contiene indicazioni precise su come procedere. Stavolta le regole non orientano ad un ‘freddo’ rigore, non sono cioè fondate solo sui vincoli sul debito o su sistemi di rendicontazione che prevalgono sugli obiettivi di crescita.
Le regole del RecoveryFund, oggetto di una lunga non facile trattativa tra stati rigoristi, stati frugali, e stati meno credibili nell’efficienza ed efficacia nella spesa europea, riguardano piuttosto le riforme ed i pilastri su cui costruire la “nuova economia” ovvero come modelli di economia più sostenibile e di società più equa. Che permettano all’Europa di costruire un sistema di resistenza agli shock finanziari e porsi sul sistema mondiale in assetto competitivo.
Verde, digitale, sostenibilità. Occupazione giovanile e e pari opportunità. Innovazione ed inclusione. Cittadinanza attiva e democrazia digitale. Rilancio e competitività. Riduzione dei divari. Non rimangano solo parole ma se ne leggano i significati i progetti del Recovery Fund.
L’occasione che abbiamo è veramente straordinaria per superare l’incapacità di avere una visione che attraversi le generazioni, che punti veramente a costruire piani con obiettivi di cambiamento profondi, duraturi e rendicontabili a fronte invece di una moltitudine di progetti a corto raggio mediaticamente appetibili. O peggio di proseguire sulla strada dei sussidi e degli incentivi a pioggia che sono, e lo sappiamo tutti, il vero macigno alla ripresa. L’antiripresa per definizione.
Il trasferimento di risorse in sé non garantisce la ripresa. La generatività delle risorse europee, ovvero la capacità di generare effettivo sviluppo, passerà dalla nostra capacità di costruire alleanze di scopo intorno ad obiettivi radicali, qualificanti e misurabili in termini di buona occupazione. Politiche che alimentino sviluppo e mobilitino le forze locali ad un impegno concreto e fattivo ed ‘orientato al fare’ più che al giudicare.