Il cambiamento, così come la felicità, non basta che accada, dobbiamo farlo accadere e coglierlo dove in apparenza – stando fermi – non lo vediamo.
Imparare a riconoscerlo nella quiete cosi come nella crisi. Tenere sempre all’erta le nostre antenne. Stare connessi. In movimento, senza fretta ma senza sosta. Farci guidare dalla consapevolezza, verso una nuova prospettiva.
Il cambiamento è li, sempre a portata di mano, basta connettersi e spostare la prospettiva e vedere dove prima non vedevamo. Dove forse non eravamo pronti a vedere.
Il cambiamento ha bisogno di creatività ed immaginazione, di vedere i pezzi ricollegarsi uno alla volta per ricostruire un nuovo assetto che ha nuovi contorni ma si fonda sempre sui medesimi valori.
<La felicità non si definisce, c’è, c’è sempre, e non solo negli attimi che sconvolgono il cuore, ma nella consapevolezza sognante e progressiva dell’esserci e non subirla, la vita. Si annuncia a lampi accecanti e fuggitivi, ma poi è lì, nella pioggia estiva, sottile, che non ti copre, che vuoi prenderla tutta, testa al cielo.
Il boato, il picco d’intensità, non è che uno sgraffio, e pare che bruci di sole, ma la felicità non è lì, sta nel silenzio che segue, nella lunga nota di quiete dove danzano punti di luce da afferrare e mettere insieme, a farne figure.
E allora non basta che accada, dobbiamo anche farla accadere e saperla cogliere dove s’acquatta, nella tristezza come presagio di un altro orizzonte, e soprattutto nella gioia che non si appunta all’anima, ma scivola e scivola: e allora tirarla, fletterla come un elastico perché si allarghi, quella gioia, si estenda di qua e di là, perché non diventi, appena passata, solo un ricordo.
Mentiva Epicuro. Non si è felici nell’imperturbabilità, ma nell’attraversamento del vento e della tempesta.
Quando non c’è tocca immaginarla. Non è facile, perché bisogna impararlo, questo immaginare, e quando è giusto e quando è troppo e quando il cuore a metà del mosaico perde un pezzo e rinuncia, o dal castello cade una carta e si deve ricominciare tutto da capo.
Immaginare è una scienza, non un percorso a casaccio, non è frullare utopie, è prevenire il possibile e intuirne la bellezza futura come fosse già lì. Viva, un segreto svelato.
Lei, la felicità, non ha trucchi nè inganni, corre là parallela a noi nel bosco e s’intravede negli intervalli tra un albero e l’altro, sì, s’intravede dalla pianura interminabile dove corriamo, sempre la stessa a perdita d’occhio, fino a nessuno orizzonte. Bisogna affrettarsi se accelera, rallentare se si prende una pausa, non farsela sfuggire un attimo a costo di perdere l’orientamento e il fiato: non mollarla finché non si apre uno spiraglio per coglierla impreparata e balzarle addosso che meno se lo aspetta.
Perché la felicità è li, a portata di mano, lì che non dobbiamo nemmeno farci chissà quali viaggi con la mente o frustrarci l’anima per essere più in là, guardare il mondo dall’alto, metterci sopra le mani per crederci padroni. E a volte serve solo un capitano che raddrizzi un sogno ingannevole.>
(Roberto Vecchioni, La vita che si ama)