L’invito a non smettere mai di migliorare arriva dal Giappone. Si chiama kaizen, termine che unisce i concetti di cambiamento (Kai) e meglio (Zen), e significa cambiare in meglio.
Il kaizen indica l’impegno ad apportare ogni giorno piccoli miglioramenti ovunque si può: nella vita personale, privata, sociale, professionale. Nell’ambito produttivo, kaizen significa un miglioramento continuo che coinvolge l’intera struttura aziendale – dalla leadership alla parte operativa.
Secondo l’approccio Kaizen, il cambiamento é continuo. Ma é lavorando sulla consapevolezza che ne possiamo cogliere il valore. Imparando a disapprendere per riapprendere innovandoci.
Questo approccio trova le sue radici nel vecchio detto giapponese: “se non si vede un uomo per tre giorni, i suoi amici dovrebbero guardarlo attentamente per scoprire quali cambiamenti si sono verificati”.
Il miglioramento continuo basato sull’approccio Kaizen è alla base del lean thinking. Il termine è stato coniato da Masaki Imai nel 1986 per descrivere la filosofia di business della Toyota in evoluzione al modello fordista. Una metodologia di crescita lenta ma costante di tipo inclusivo, che coinvolge l’intera struttura delle aziende e si oppone all’idea classica di innovazione dirompente caratterizzata invece da uno sviluppo rapido e radicale che prevede una rottura completa rispetto il passato. Quella che i giapponesi chiamano invece Kaikaku, ovvero un punto di rottura con il passato, in modo da progettare e realizzare un processo ex novo.
Immaginando un campo in coltivazione, il Kaizen rappresenta la pioggerellina frequente che apporta acqua e sali utili nelle zone dove è più necessario, permettendo il giusto drenaggio e il giusto tempo di assorbimento. Il Kaikaku invece è l’acquazzone intenso, di grande intensità, che apporta molto di più di quello che necessita al campo, e che provoca ristagni che impediscono al terreno di assorbire il giusto quantitativo di acqua distruggendo spesso il raccolto.
La capacità di assorbimento e di reazione alla pioggia dipende spesso dalla qualità del terreno: se un terreno è secco perché non riceve frequenti stimoli al miglioramento si indurirà e, a fronte di un Kaikaku, farà scivolare frettolosamente l’acqua mantenendo bagnata la superficie (ovvero i processi aziendali), ma non riuscirà ad aumentare la permeabilità dello strato più profondo (le persone, il capitale umano dell’organizzazione).
Il Kaizen è quell’irrigazione continua che permette al terreno di migliorare la sua qualità predisponendosi, poco per volta, ad adattarsi ai cambiamenti.
Ci sono rare situazioni in cui è preferibile un Kaikaku. Ad esempio quando la situazione finanziaria (la temperatura) è critica ed è urgente ridurre gli sprechi: in questi casi un acquazzone estivo è quel che ci vuole per tornare a respirare ma subito dopo si devono installare dei nuovi irrigatori per un Kaizen che possa stabilizzare il terreno.
Il Kaikaku sembra essere meno faticoso perché richiede meno costanza nel porsi domande, perché viene calato dall’alto quindi non attende che le soluzioni vengano proposte da chi opera. Il Kaizen è più faticoso, ma le radici che si creano nel terreno sono più forti e profonde perché proposte dai protagonisti permettendo così di sviluppare una cultura di miglioramento che diventa un elemento virtuoso e perpetuo.
Ogni cosa, anche se di poco, cambia continuamente. Il cambiamento è inevitabile. Ma è la permeabilità al cambiamento che fa la differenza. La capacità di “drenare” ed assorbire le trasformazioni.
Trasportando questo concetto nelle organizzazioni di lavoro, significa che ogni giorno si determina qualche miglioramento, anche se piccolo. Tale convinzione, radicata nella cultura giapponese, è meno conosciuta nella realtà industriale occidentale, in cui le aziende sostanzialmente possono rimanere inalterate nella struttura e nella forma anche per molti anni e dove i soli cambiamenti visibili sono nelle innovazioni tecnologiche ad alti investimenti.
Il processo di trasformazione Kaizu si basa sul miglioramento progressivo e fonda la sua forza quindi sulla capacità continua di disapprendere e riapprendere, sulla giusta capacità di analisi della situazione e sulla progettazione ed introduzione di cambiamenti graduali ma continui, che possono essere migliorati di giorno in giorno attraverso il kaizen.
Per riuscire a rendere efficace questo processo di miglioramento, l’equazione del cambiamento ci dice che servono: visione, competenze, agilità adattiva. Togliendo anche solo uno di questi elementi, il cambiamento non può funzionare, o richiederà comunque moltissimo sforzo.
Molto interessante questo argomento. Non conoscevo questo aspetto della filosofia giapponese che in generale ammiro per la sua saggezza. Il miglioramento personale e professionale è sicuramente un fattore che fa la differenza nell’approccio che abbiamo con la nostra vita.
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