Io la mia parte continuerò a farla

Sono sempre due le scelte possibili nella vita: accettare le condizioni in cui viviamo oppure assumersi la responsabilità di essere parte del cambiamento.

Non mi piaceva la direzione che aveva preso la ‘politica’ sempre più distante dall’economia reale, dal bisogno dei cittadini, dai territori. Incapace di dare risposte ai divari, ai disagi, alle emergenze. Brava a recriminare ma scarsa nell’agire.

La mia scelta di impegno in politica è maturata dentro questa consapevolezza. È in trincea, nell’offrire generosamente la propria disponibilità a far parte del cambiamento, che si fa politica.

Non ci si candida solo ‘per essere eletti’: lo si fa per contribuire a qualificare il risultato offrendo all’elettorato una proposta nuova.

L’obiettivo condiviso con la squadra (fuori dagli apparati partitici, dalle alleanze ‘stagionali’ e dalle rivendicazioni di parte) è stato sempre chiaro: provare a fare la differenza mettendo in campo ciò che è la mia storia professionale. Offrendo competenza e metodo e proponendo un nuovo modo di fare politica: sui contenuti e non sulle contrapposizioni.

Nel pochissimo tempo di durata di questa competizione elettorale ho fatto l’unica cosa che si poteva fare: radunare sempre più persone attorno a questa idea. Animati da quella speranza che mette insieme valori e passioni. Farli tornare a partecipare alla politica.

Per questo voglio ringraziare tutti coloro che mi hanno dato fiducia, per avermi fatto crescere dentro. A tutti voi devo nuove consapevolezze.

Sento la responsabilità di continuare a cercare risposte concrete alle domande che mi avete posto. E non mancherò di farlo, con immutato impegno e passione. Insieme a voi.

Voglio ringraziare le tante persone che mi hanno accompagnato in questo percorso guidandomi in una esperienza che mi ha profondamente segnato e insegnato il senso importante del camminare insieme.

È solo il primo passo ma è un cammino che vuole contribuire a rigenerare la politica. Consapevoli che quel 51% di astenuti ci chiede di contribuire ad un nuovo modello di fare politica: tornando con umiltà tra la gente, ricostruendo il rapporto con le comunità territoriali.

Verranno i momenti per fare le necessarie analisi degli errori commessi. Ma per farlo si riparta dall’umiltà che è la dote che deve avere la Politica. L’umiltà di riconoscere di non essere portatori di verità assolute perdendo il contatto con le comunità.

Si sono fatti tanti errori, sulle scelte fatte, sui veti messi, sulle alleanze non realizzate, sul dare più importanza al 26 settembre che non al 25 settembre, più importanza alle rivendicazioni che alla costruzione di un progetto comune che desse senso alla comunità politica. Si riparta dall’umiltà e dalla capacità di ascolto, l’una indissolubilmente legata all’altra.

Io la mia parte non smetterò di farla.

Ritroviamo lo sguardo lungo e la capacità di confronto che deve essere cifra della buona politica. Riprendiamo il contatto con quel 51% che ci ha detto: basta non ci credo più. E rendiamoci credibili ai loro occhi con le azioni, non con gli slogan.

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