Come ogni anno, mi piace ‘celebrare’ il giorno in cui sono nata scrivendo sulla gratitudine.
Perché l’unico modo che conosco per contare gli anni è dare valore ad ogni giorno vissuto.
E a tutto ciò che non mi ha semplicemente fatto diventare più grande, ma mi ha fatto <crescere>. Tra gli effetti (non secondari) della gratitudine c’è che la parola invecchiare viene sempre sostituita dalla parola crescere).
Ringrazio quindi tutti i miei inciampi perché mi hanno reso la persona che sono oggi, tutte le mie incertezze perché è su di loro che si fondano le mie sicurezze di oggi, tutte le scelte che ho fatto perché hanno reso possibili i miei divenire, tutte le persone che mi hanno allargato lo sguardo perché senza sarei rimasta sempre ferma.
E quest’anno per celebrare la gratitudine verso la vita e verso la Persona che sono diventata ho scelto la poesia di Wisława Szymborska <Nella moltitudine>.
Perché nello spegnere una per una le candeline (i riti sono importanti, ce lo ha insegnato il Piccolo Principe di Saint Exupery, lettura che andrebbe ripresa soprattutto nell’età matura) voglio ricordare a me stessa la bellezza di provare sempre ed ancora stupore ovvero meraviglia.
Perché la meraviglia significa <sentire> e sentire il valore della vita.
<Sono quella che sono.
Un caso inconcepibile come ogni caso.
In fondo avrei potuto avere altri antenati,
e così avrei preso il volo da un altro nido,
così da sotto un altro tronco sarei strisciata fuori in squame.
Anch’io non ho scelto, ma non mi lamento.
Potevo essere qualcuno molto meno a parte.
Qualcuno molto meno fortunato, allevato per farne una pelliccia, per il pranzo della festa, qualcosa che nuota sotto un vetrino. Un albero conficcato nella terra, a cui si avvicina un incendio. Un filo d’erba calpestato dal corso di incomprensibili eventi.
Uno nato sotto una cattiva stella, buona per altri. Se al mondo fossi venuta nella tribù sbagliata e avessi tutte le strade precluse? La sorte, finora, mi è stata benigna. Poteva non essermi dato il ricordo dei momenti lieti.
Poteva essermi tolta l’inclinazione a confrontare.
Potevo essere me stessa – ma senza stupore, e ciò vorrebbe dire qualcuno di totalmente diverso.>
Buona vita a me e alla moltitudine di me che ancora devo diventare.