Ho fatto un viaggio dentro la bellezza con un accompagnatore di eccellenza, che mi ha fatto dono del suo entusiasmo e della preziosità delle sue narrazioni.
Insieme abbiamo viaggiato dentro magnifiche conversazioni provando a capire perché la Sicilia non sfrutta le immense potenzialità che ha e lascia andare via i suoi figli migliori.
Abbiamo provato ad immaginare come la Sicilia possa ripartire dalla sua bellezza. Dal narrare la sua bellezza.
Il turismo, ad esempio. Quante volte sentiamo dire “potremmo vivere solo di turismo…” (pur sfumato da tanti “si però” l’ho detto anche io quando sono stata assessore al turismo di questa straordinaria terra).
Ma come possiamo mai vivere di turismo se non proviamo a leggere la nostra terra con i cinque sensi ed il cuore di chi viene a visitarci?
Il turismo, mi ha fatto notare il narratore guida, è la più sana, florida e sostenibile risorsa economica del mondo. Il turismo, ho ribattuto io, in territori come la Sicilia, influenza la crescita di tutti gli altri settori, commercio, artigianato, ristorazione, agroalimentare, etc…
Il Pil prodotto dal turismo é ovunque in crescita, ma non per quei territori e quelle comunità che si accontentano di vivacchiare, che sono rassegnate al degrado e che sono maestre nell’arte della lamentazione (noi siciliani siamo i maestri della drammatizzazione lamentosa). Per quelle comunità che non sono educate alla bellezza.
Il turismo è però una magnifica opportunità – e lo sappiamo – dobbiamo solo imparare a vedere la nostra terra con occhi diversi. Con occhi pieni di quella meraviglia con cui ci guardano e ci sperimentano gli altri. Con i 5 sensi di chi ci viene a trovare, quegli stranieri stupiti dalla bellezza unica del nostro Paese, ma annichiliti dall’incuria, dal degrado e dalla disorganizzazione. Increduli di come noi siamo rassegnati a fare turismo “con il freno a mano tirato”.
Pensando che fare turismo significa vivere di rendita da eredità passate e di riconoscimenti unesco, e non invece avere una “visione” e programmare sviluppo rileggendo il territorio e le dinamiche di mercato.
Il narratore guida mi ha condotto in un mini viaggio attraverso i suoi racconti, storie che raccontano di chi ci vede con “occhi da turista” per capire che per quanto poca sia la distanza tra noi e loro, questa distanza fa la differenza in termini di valore che generiamo dal turismo. Narrazioni che svelano perché non siamo ancora pronti a “vivere solo di turismo”. Ma nemmeno a generare sviluppo dal turismo.
Sono storie intrise di speranza e di fiducia, quelle di chi prova a realizzare un sogno anche in condizioni estreme (in Sicilia ancor di più é un gesto quasi eroico), ma sono anche idee su come insieme si può migliorare.
Insieme, parola magica.
Perché il cambiamento, e su questo siamo subito stati d’accordo, riguarda tutti, perché gli attori in gioco siamo noi, non gli altri.
Prenderne coscienza è il primo passo.
Cambiare il secondo.
Agire il terzo.
Sembra semplice, ma dobbiamo prima imparare a narrarci, a narrare il nostro territorio con tutte le sue sfaccettature.
La narrazione è uno strumento importante che abbiamo per ritrovare la coscienza della nostra identità. Fondata sulla bellezza e sulla felicità. E sugli incontri inattesi con generatori di nuove progettualità.
Narrare, per conoscere. Conoscere per capire. Capire per fare.
Il narratore con i suoi racconti mi ha “costretta” a riprendere il cammino. Con quella forza che ha solo chi ti contamina di futuro.