Dal latino cum-munire, comunicare è mettere in comune, mettere in relazione.
Non solo quindi trasmettere informazioni ma creare connessioni. Significa rendere l’interlocutore partecipe dei nostri pensieri, coinvolgerlo. Creare osmosi tra i pensieri, lasciarsi contaminare dai pensieri altrui, crea valore. Aprire i canali per il cambiamento.
Ecco, il cambiamento parte dalla comunicazione e dall’ascolto. Un ascolto che deve essere aperto, senza pre-giudizi e senza bias che compromettano la comprensione.
Una comunicazione che deve saper essere autentica e generativa.
Impariamo allora a sentire. Sentire ha la stessa declinazione di sentimento. Esprime cioè una qualità dell’anima.
Come con-sapere, che è sapere perché siamo dentro le cose, perché ne diventiamo consapevoli, comunicare parte dall’anima e non dall’apparato uditivo. Lo sanno bene i musicisti.
Sono <responsabile per ciò che dico, non per ciò che tu capisci> è il cancello con cui sbarriamo il flusso della comunicazione. Saper comunicare é il passaggio a livello con cui stabiliamo o interrompiamo le connessioni. Siamo invece si responsabili per ciò che agli altri arriva. E così vale anche per sé stessi. Impariamo a parlarci senza avere già la soluzione. Come quel malato che va dal medico e gli dice la sua malattia, non gli racconta i sintomi, la sua anamnesi; ma porta lui l’autodiagnosi e chiede solo la cura.
Il cambiamento non è la cura. Il cambiamento é il paziente guarito.
<Mi piace il verbo sentire…
Sentire il rumore del mare,
sentirne l’odore.
Sentire il suono della pioggia che ti bagna le labbra,
sentire una penna che traccia sentimenti su un foglio bianco.
Sentire l’odore di chi ami,
sentirne la voce
e sentirlo col cuore.
Sentire è il verbo delle emozioni,
ci si sdraia sulla schiena del mondo
e si sente>
Alda Merini