Un manager di successo, rivolgendosi ad un Maestro Zen, chiese “Cos’è lo Zen?”. Il Maestro Zen iniziò a versare del thè nella tazza del manager e, anche quando la tazza si era colmata e il thé fuoriusciva, continuò a versare senza scomporsi. Il manager, per qualche secondo non disse nulla, poi leggermente imbarazzato si rivolse al Maestro e disse: “Guardi che la tazza è piena!”. “Come questa tazza”, disse il Maestro, “lei è ricolmo delle sue opinioni e delle sue conoscenze. Come posso spiegarle lo Zen se prima non svuota la mente?”.
Per cambiare prospettiva serve prima <fare spazio>. Soltanto così è possibile fare entrare nuova conoscenza ed acquisire le nuove competenze necessarie a dare un senso ed una direzione alla complessità in cui siamo immersi. Scoprendo l’importanza di svuotare la “tazza” di alcune delle nostre conoscenze tecniche che si dimostrano un freno al cambiamento (ma un ottimo stabilizzatore delle nostre certezze) e riempirla invece con nuove capacità.
In contesti sempre più basati sulla complessità e sulla volatilità, la chiave per gestire l’incertezza – richiamando un’espressione di Bauman – è “imparare a camminare sulle sabbie mobili”.
Per “camminare nell’incertezza” e non sprofondare “nelle sabbie mobili” dei tempi moderni, serve saper rinnovare le proprie conoscenze. Serve considerare il nostro bagaglio di competenze sempre in movimento. E’ cioè importante imparare a muoverci in assenza di punti di riferimento permanenti, ma perseguendo la trasformazione generativa.
Per acquisire nuove competenze è però prima importante imparare a disimparare, imparare ad ‘abbandonare’ quelle conoscenze su cui abbiamo fondato le nostre sicurezze. Solo ‘liberando spazio’, ci diamo la possibilità di innovare.
Ma disimparare non significa dimenticare. Non significa annullare le competenze e le abilità sviluppate. Non significa cancellare il bagaglio di conoscenze ed esperienze accumulato. Significa invece costruire nuove capacità generate da una nuova visione delle cose e dallo sviluppo di nuove abilità. Significa aggiornare i nostri punti di riferimento, sviluppandone di nuovi anche attraverso nuove connessioni che permettono di ampliare la visione e dare spazio alla creatività necessaria per il cambiamento generativo.
Davanti alla dinamicità dei sistemi, le organizzazioni devono allenarsi a diventare sempre più adattive, flessibili e capaci di nuovo apprendimento. Lo sviluppo di nuove competenze può aiutare in questo senso, orientando ad un nuovo mindset, allenando a svincolarsi dalle pratiche e dalle abitudini precedenti, invitando appunto a ‘disapprendere’.
Il cambiamento continuo delle coordinate in cui viviamo e lavoriamo pone alle aziende e agli individui la sfida dell’adattabilità. Il reskilling diventa allora la chiave per allineare le competenze ed affrontare con appropriatezza i processi di cambiamento e generare valore dell’innovazione.
Disapprendere non è facile. Soprattutto se viene vissuto come un abbandono, una perdita. Devi invece essere visto nella giusta prospettiva, come il bisogno di far spazio a nuove conoscenze. La possibilità che ci diamo di intraprendere nuovi cammini senza condannarci a rimanere ingabbiati nelle abitudini radicate, nei convincimenti superati, nelle competenze diventate obsolete. Acquisendo quella cassetta degli attrezzi che ci serve per affrontare con appropriatezza il nuovo.
Disapprendere diventa allora modificare lo sguardo e ‘la camminata’ e dotarci di una nuova mappa per guidare il cambiamento.
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