Euristiche, le deviazioni per non cambiare

Se diamo sempre retta a Cappuccetto Rosso, non crederemo mai al lupo cattivo.

E’ più facile raccontarsela che raccontarla. A raccontarsela si costruisce la storia trovando alibi, giustificazioni, colpe, e spostando il bilanciere sempre dalla parte delle altrui responsabilità. Gli altri sono sempre i cattivi, esattamente come il Lupo, mentre per noi cerchiamo attenuanti e determinanti che ci assolvano.

Lavorare su di sé non è mai facile. Necessità una passione per sé stessi e per la nostra autenticità; una passione però ‘tenue’, capace cioè di cogliere tutte le sfumature della nostra vulnerabilità ed accoglierle in un processo di crescita continua.

Comporta una grande capacità di lettura interiore, l’abilità ad andare oltre la superficie e fare rotta verso le parti più profonde di noi, alle radici delle nostre scelte. Comporta avere consapevolezza di sé stessi, delle proprie capacità, dei propri limiti. Necessita di una delle leve della leadership, che è la curiosità, la propensione creativa.

Sono proprio i nostri limiti i confini del nostro raccontarci. E’ infatti davanti ai nostri limiti, che innestiamo quel pilota automatico che sono le euristiche, le stradine laterali che prendiamo quando non vogliamo affrontare la strada e le sue difficoltà.

Nell’euristica della rappresentatività, si tende a sovrastimare un dettaglio, e così a creare un filtro a tutte le altre informazioni. L’euristica riduce la visibilità, accorcia l’orizzonte, chiude il flusso informativo. E ci porta a raccontarci “sempre la stessa storia” senza crescere in consapevolezza. E’ tipico della mentalità statica, protettiva avverso il nuovo.

Ancora più scivolosa è la stradina dell’euristica dell’ancoraggio. Le decisioni vengono prese in base alle prime informazioni che si trovano. Esattamente il contrario della formazione della consapevolezza. Il meccanismo che si mette in atto è quello della riduzione della distanza, malcelato dietro la tendenza alla mediazione. Questa euristica ancora a ciò che appare più visibile, impedendoci di leggere – e di raccontarcela – in profondità, limitando la parte creativa e intuitiva della mente. E non permettendoci di crescere in consapevolezza.

Dobbiamo invece imparare a percorrere la “via maestra” della consapevolezza, affrontando salite e insenature tortuose, nella convinzione che sono proprio quei sassi sulla strada (gli ostacoli) a darci la possibilità di costruire mattoni di consapevolezza e aiutarci ad affrontare superare i nostri limiti. E che proprio spostarci nelle stradine laterali ci impedirà di ‘conoscere il Lupo’, e scoprire che poi non è così cattivo come ce lo avevano da sempre disegnato.

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