Il Next Generation è un programma di portata e ambizione inedite (e come tale va compreso ed attuato), che prevede non solo investimenti ma ne associa l’attivazione alle riforme necessarie per creare sviluppo. Riforme che erano sì necessarie anche prima della pandemia, ma che oggi diventano abilitanti per la ripresa.
L’impatto previsto dall’attuazione del Piano risponde difatti al bisogno di un intervento straordinario che può davvero generare un’inversione di tendenza nell’economia nazionale. Gli investimenti previsti nel Piano possono concretamente avere un impatto significativo sulle principali variabili macroeconomiche. Ma a condizione che sia davvero messo in atto per conseguire gli obiettivi di cambiamento a cui tende e se quindi saprà integrare investimenti e riforme necessarie con un’assunzione forte di responsabilità da parte di tutti i livelli.
Il PNRR va dunque correttamente riletto nella sua accezione di acceleratore del cambiamento.
Non è infatti un ‘semplice’ Fondo Europeo che rende disponibili ai territori ulteriori risorse.
La vera innovazione del PNRR sta nell’avere anteposto le riforme alle risorse e predisposto un’architettura che prevede il monitoraggio dell’avanzamento non in funzione dell’avanzamento della spesa ma dei risultati raggiunti.
Dovremmo allora rileggere l’acronimo PNRR sostituendo Ripresa e Resilienza con Riforme e Responsabilità. Ed assumerci la responsabilità di riformare il sistema per permettere la ripresa economica e la riduzione dei divari che la rendono fragile e incerta. Perché la buona politica si manifesta nella responsabilità e nel produrre veramente un cambiamento.
Il Piano dipende infatti dall’attuazione di 3 ordini di riforme: riforme di contesto, le riforme abilitanti e le riforme settoriali.
Le riforme orizzontali, o di contesto, consistono in innovazioni strutturali dell’ordinamento, d’interesse traversale a tutte le missioni del Piano, ed idonee a migliorare l’equità, l’efficienza e la competitività e, con esse, il clima economico del Paese.
Il Piano ne individua due come indifettibili: la riforma della pubblica amministrazione e la riforma del sistema giudiziario. Senza le quali non può essere garantito lo sviluppo.
Altrettanto necessarie sono le riforme abilitanti, ovvero gli interventi funzionali a garantire l’attuazione del Piano e in generale a rimuovere gli ostacoli amministrativi, regolatori e procedurali che condizionano le attività economiche e la qualità dei servizi erogati ai cittadini e alle imprese. E tra queste le misure di semplificazione e razionalizzazione della legislazione e quelle per la promozione della concorrenza.
All’interno delle singole missioni si pongono invece le riforme settoriali, ovvero le innovazioni normative relative a specifici ambiti di intervento o attività economiche, destinate a introdurre regimi regolatori e procedurali più efficienti nei rispettivi ambiti settoriali e dirette a garantire una maggiore equità di genere, territoriale e generazionale (ad esempio la legge quadro sulla disabilità, la riforma della non autosufficienza, il Piano strategico per la lotta al lavoro sommerso, la riforma dei servizi sanitari di prossimità, la semplificazione della normativa per la transizione ecologica e digitale, etc…).
Solo rileggendolo così, spostando la prospettiva dalle risorse da spendere ai cambiamenti da realizzare, il PNRR può davvero essere l’unica via per recuperare i ritardi del Paese che sono strutturali e che la pandemia ha solo rivelato nella loro acuità.