Il cambiamento dipende soprattutto da come guardiamo al bilancio di esercizio della nostra vita e della nostra attività lavorativa. A come contabilizziamo perdite e guadagni.
Per cambiare, dobbiamo imparare a “riclassificare” le voci del nostro bilancio.
Siamo portati a fare il bilancio della nostra vita, solo attraverso il “conto economico” (ciò di cui disponiamo, il saldo delle cose che ci succedono) e non secondo la situazione patrimoniale (chi siamo, i nostri valori, il bagaglio di competenze, le esperienze accumulate, il network di relazioni su cui possiamo contare).
Il “bilancio di esercizio” in economia aziendale è la visione di insieme da redigere allo scopo di perseguire il principio di verità ed accertare “in modo chiaro, veritiero e corretto” la propria situazione patrimoniale e finanziaria ed il risultato economico di esercizio finale.
Se non siamo quindi autentici e mettiamo in chiaro nella nostra contabilità anche le cose a cui (volutamente) diamo meno importanza, non ci accorgeremo di quegli indispensabili “accantonamenti” a cui attingere nei momenti straordinari.
In contabilità aziendale, il principio di competenza è una prassi che consiste nel considerare, nel conto economico di un bilancio d’esercizio, solo i costi e i ricavi che si riferiscono e hanno effetto in quel periodo di tempo, a prescindere dalle manifestazioni finanziarie già avvenute o che devono ancora avvenire.
E’ un po’ come se ad ogni ultimo dell’anno, chiudiamo l’impresa e ne riapriamo un’altra completamente nuova. Senza avere portato a patrimonio nulla.
Impariamo allora a riscrivere con maggiore chiarezza il nostro bilancio. E nella nota integrativa, mettiamo sempre in evidenza un po’ di gratitudine alle cose che ci capitano, alle persone che incontriamo, alle esperienze che viviamo e che troppo spesso registriamo in “contabilità” senza nemmeno assaporarne il valore.