“Nessun potere, poco sapere, un po’ di saggezza e più sapore possibile”.
Questa frase di Roland Barthes sintetizza la grande sfida dei nostri tempi. Descrive infatti i tempi volatili, incerti, complessi e ambigui che caratterizzano oggi il mercato del lavoro. E ci offre una leva su cui agire per affrontare la crisi.
Il punto di rottura è stato invadente ed ha riguardato non solo aspetti economici, ma anche sociali ed organizzativi. Quello che è andato in crisi è stato il sistema. A trasformarsi dovrà quindi essere il sistema, l’economia, l’impresa, il manager, il professionista, l’impresa.
Il sapere disapprendere e riapprendere, puntare sulle competenze, diventa allora la chiave vincente per ripartire. Ed oggi, quanto mai necessario per affrontare il mutamento di mercato connesso alle conseguenze prodotte dalla crisi in atto.
Il mondo del lavoro ha oggi quanto mai bisogno di agilità al cambiamento e quindi di nuove abilità. Ha bisogno di leadership che sappiano innovare innovando per primi sé stessi. Questo farà la differenza: la capacità di adeguamento delle competenze necessarie al cambiamento
Oggi, ad esempio, la modalità di lavoro da remoto sta diventando la prassi. In pochi mesi si è passati da modalità innovativa a standard. E molti non sono attrezzati al passaggio immediato, sia perché mancano di infrastrutture digitali e adeguati sistemi di trasmissione dati in sicurezza, sia perché le imprese sono organizzate in modalità tradizionale. Ma soprattutto lo sono i modelli di lavoro, basati su standard “non agili”. E lo sono i manager, non propensi a innovare da modelli di lavoro basati sul tempo e sul controllo e modelli basati sul risultato e sulla fiducia.
Dovremo abituarci a questo. Perché il cambiamento che stiamo sperimentando ci sta facendo capire quanto siamo resistenti al cambiamento. Quanto siamo fragili davanti all’incertezza e alla volatilità.
Per ripartire servirà mettere in moto nuove competenze, servirà agilità, flessibilità, responsabilità sociale, propensione al cambiamento, innovazione. Ma soprattutto servirà abbandonare logiche rigide di organizzazione del lavoro e orientare invece i modelli puntando a generare valore dalla flessibilità.
Occorre essere pronti a un’economia, una società e una cultura che si modificano costantemente e che portano con sé continui cambiamenti e necessitano quindi di apprendimento continuo.
Ma per apprendere, bisogna prima imparare a disapprendere. Abbandonare alcune convinzioni, per approcciare sistemi di lavori basati sull’adattabilità.
Bisogna imparare a disapprendere. Per far spazio al nuovo, affrontando il mondo del lavoro con nuovo approccio basato sulla capacità di fronteggiare il cambiamento e l’adattabilità ad affrontare le sfide, innovando e non inseguendo innovazione.
Scoprirci fragili, per diventare più forti.
Il futuro possibile passa anche da quanto ci faremo trovare pronti a cambiare. A disapprendere ciò che non serve più ed apprendere e riapprendere quello che oggi il mercato chiede.
“Educare non è riempire un secchio, ma accendere un fuoco”
William B. Yeats
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