L’aikido e la risoluzione positiva dei conflitti

Frangar non flectar. Non resistere non significa restare inerti ma <scegliere> di preservare il proprio equilibrio, per compiere poi un passo in avanti. Anche davanti alle avversità.

L’esempio del ramo del salice che flettendosi sotto il peso della neve abbondante, lascia che questa gli scivoli addosso e cada poi a terra per effetto della stessa azione del suo peso mantenendosi ben integro e vegeto, simboleggia proprio il principio di non resistenza. Al contrario del ramo della quercia che invece, non potendo sopportare lo stesso carico di neve e non volendosi piegare, si spezza e muore.

Il principio di non resistenza non porta ad accettare supinamente gli eventi e il compimento dei fatti, bensì favorisce lo svilupparsi della capacità di sottrarsi agli eventuali effetti negativi delle azioni altrui, lasciando che queste ultime si esauriscano naturalmente, senza subirne gli effetti nocivi.

L’applicazione della non resistenza determina nel tempo l’annullamento della altrui volontà aggressiva e rimuovere così all’origine il presupposto stesso del suo attacco. Infatti, quand’anche si riuscisse a sconfiggere l’avversario, permarrebbe in lui la volontà di rifarsi. Così la difesa diventa solo provvisoria e apparente e rimane invece immutata la possibilità di esporsi facilmente nuovamente ad essere attaccati dall’avversario, che quindi continuerà a costituire una continua e costante minaccia.

L’Aikido, antica arte marziale giapponese, insegna a gestire i conflitti in modo da generare valore. Nell’aikido, trova infatti piena applicazione il principio di non resistenza.

L’Aikido non prevede tecniche offensive. Le tecniche difensive dell’Aikido hanno invece come scopo quello di aiutare l’aggressore a riconsiderare le sue intenzioni e ritrovare l’equilibrio interiore.

Le interazioni lineari e antagoniste tendono ad acuire il conflitto anziché risolverlo. Le tecniche di difesa dell’Aikido sono invece circolari e mirano a ri-orientare la forza di un attacco, anziché bloccarlo o reprimerlo opponendogli una maggiore violenza. Avvicinandovi all’avversario, potete percepire il suo prossimo attacco prima che venga attuato, e neutralizzarlo prima che liberi tutta la sua potenza.

Questa attitudine a evitare l’attacco, allena a costruire connessioni. L’avversario infatti, nel tempo, non trovando spazio per attaccare vi rinuncia. E se si ha la capacità di gestire gli attacchi in modo che l’avversario non venga umiliato o messo in imbarazzo, l’aggressione iniziale si trasformerà in una manifestazione di profondo rispetto.

Nello spirito dell’Aikido, ogni attacco è vissuto come una mancanza dentro di sé, mancanza di fiducia nella propria forza.

Lo stesso accade nei sistemi lavorativi, dove l’origine del conflitto è sempre da ricercarsi in una mancanza di fiducia, tipica delle leadership deboli e dissonanti.

Questo è l’insegnamento primario dell’aikido: rinunciare alla finalità di ricercare la sconfitta di colui che si è posto nel ruolo di avversario.

Rinunciare cioè all’antagonismo, cercando a tutti i costi di infliggere dei danni all’avversario anche a costo di ricevere di ritorno un danno maggiore. E lavorare invece sulla generazione di valore dal conflitto, disinnescando la volontà all’attacco https://cleolicalzi.it/2020/06/15/disinnescare/.

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