Camminando si risolve

<Si possono percorrere milioni di chilometri in una sola vita senza mai scalfire la superficie dei luoghi, nè imparare nulla dalle genti appena sfiorate.
Il senso del viaggio sta nel fermarsi ad ascoltare chiunque abbia una storia da raccontare. Camminando si apprende la vita, camminando si conoscono le cose,  camminando si sanano le ferite del giorno prima.
Cammina guardando una stella, ascoltando una voce, seguendo le orme di altri passi. Cammina cercando la vita, curando le ferite lasciate dai dolori. Niente può cancellare il ricordo del cammino percorso.> Rubén Blades

Quanto si impara camminando. Quel primo passo, che talvolta attardiamo a fare, ma che ci mette in movimento verso nuovi orizzonti.

Il metterci in cammino ci dà l’occasione di mettere via le nostre abitudini, tutto il nostro risaputo e connetterci con il nuovo.

Mettersi in Cammino significa fermarsi ed ascoltare. Prestare ascolto a chi ha una storia da raccontare significa stabilire quelle connessioni che generano valore. Che aprono la prospettiva e ci permettono di guardare un po’ oltre la nostra dimensione.

Il Cammino è divenire. E’ scoperta che nulla accade per caso, ogni elemento e momento ha un suo valore ed un suo senso: il sole che illumina il giorno e la sera che favorisce il riposo, la fioritura della primavera e la raccolta dell’autunno, la pioggia che nutre e il vento che spazza via.

Nella vita bisogna camminarci <dentro>, osservarla con curiosità, attraversare i fitti boschi e le colline impervie, scalare montagne e nuotare contro corrente, immergersi nella notte buia e scottarsi a mezzogiorno. Prestare attenzione a ciò che accade.

Il Cammino è cambiamento, un potente strumento per connettersi con il nostro sé autentico, ascoltarsi e accogliere la naturale divenire del proprio essere. Per crescere e cambiare prospettiva e costruire le condizioni perché si realizzi la  naturale trasformazione che ci appartiene.

Nel cammino non è importante la meta, ma il cambiamento che agisce in noi e che ci porta a cambiare spesso strada, verso una nuova consapevolezza.

Non camminare – rimanere fermi – significa non apprendere, non conoscere le persone e la vita, non conoscere sé stessi, non rischiare.

Rimanere fermi significa subire il cambiamento. Camminare cercando la vita significa guidarlo, il cambiamento.

Grazie al “tempo lento” del viaggio a piedi, che è leggerezza (nel senso già detto qui https://cleolicalzi.it/2020/08/07/bagaglio-leggero/) ogni passo è una preziosa occasione di conoscenza e di costruzione di nuovi orizzonti.

La strada può essere lunga e difficile, ma per va percorsa, superando ostacoli e imprevisti. Vivere l’esperienza del cammino come una opportunità per incontrare se stessi significa utilizzare più strumenti. Oltre alla natura, che fa da sfondo e da guida, la vista, l’olfatto, l’udito, il tatto, ma soprattutto il senso della consapevolezza, la potentissima arma che ci fa diventare il “qui ed ora” la base per immaginare il futuro, che ci fa accorgere di cose a cui non avevamo sinora prestato attenzione, che ci rende improvvisamente di valore alcune relazioni a cui non avevamo guardato con spirito generatore di futuro.

Il senso del camminare sta proprio nella scoperta che facciamo.

C’è qualcosa di unico nel camminare, soprattutto nel camminare lento e consapevole: la percezione del cambiamento che si va creando. Nelle cose che attraverso il camminare, si vanno risolvendo.

Ogni cosa si trasforma: ciò che ci accompagna all’inizio non è uguale a ciò che troviamo alla fine. L’andatura rallenta, fermandosi ad ascoltare una storia. Oppure accelera ricercando l’innovazione. Si ferma davanti agli ostacoli del cammino fermandosi a curare le fratture che non avevamo lasciato emergere. O, improvvisamente, cambia tragitto, <ascoltando una voce seguendo le orme di altri passi>.

Solvitur ambulando, camminando si risolve.

Ed è proprio mettendoci in cammino, che scopriamo quanto fosse necessario quel primo passo per arrivare ad una soluzione che ci sembrava inimmaginabile.

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