Aggiorniamo il nostro software operativo

All’inizio di ogni nuovo anno, facciamo buoni propositi, impegnandoci a raggiungere nell’anno obiettivi importanti. Traguardi che sinora abbiamo trascurato. Ma dopo qualche settimana ce ne siamo già dimenticati e rimettiamo i nostri progetti di cambiamento dentro il cassetto.

Perché nel tiro alla fune tra cambiamento e resistenza, che qualcuno prova a ‘nobilitare’ chiamandola resilienza, prevale l’abitudine (la resilienza è uno stato dinamico e non statico https://cleolicalzi.it/2021/10/13/3334/).

Prevale il rimanere al sicuro ormeggiati in rada, invece di prendere il largo e sperimentare pensieri nuovi, percorsi diversi, sentieri di innovazione.

L’abitudine non è altro che un comportamento o un processo di pensiero divenuto ‘automatico’, ovvero che scatta non come scelta ma come reazione di una sequenza già sperimentata.

Un comportamento che quindi non passa attraverso nessun processo di formazione di una nuova consapevolezza. E che come tale produce, inevitabilmente, un risultato ripetitivo di qualcosa già acquisito.

Le abitudini sono abilità consolidate, in cui la guida anzichè al nostro lucido arbitrio è affidata al ‘pilota automatico’ (https://wordpress.com/post/cleolicalzi.it/1225).

L’abitudine è il più spietato dei veleni perché entra in noi lentamente, silenziosamente, cresce a poco a poco nutrendosi della nostra inconsapevolezza.

Per cambiare dobbiamo metterci noi alla guida. Dobbiamo decidere di farlo.

L’antidoto può quindi essere solo uno: la consapevolezza che nasce anche dal farsi domande, per rimanere connessi con il ‘momento’ e non invece intrappolati in un contesto di pensiero ed azione che magari erano giusti un tempo, ma che adesso sono superati.

Il nostro software interiore va periodicamente aggiornato. Altrimenti, esattamente come con i computer il sistema operativo delle nostre scelte non sarà più in grado di funzionare correttamente.

Laddove c’è un proposito di cambiamento, vuol dire che c’è un’abitudine da cambiare. Ed è da questa che dobbiamo iniziare. Dalla ‘piccola’ insidiosa abitudine.

Serve imparare a dis-apprendere, pensare ed agire al di fuori di schemi preconfezionati che ci sono familiari (e per questo ci danno la ‘garanzia’ di sapere maneggiarli) ed iniziare invece ad agire attraverso l’ascolto attivo, ricercando il valore aggiunto dell’intelligenza condivisa.(https://wordpress.com/post/cleolicalzi.it/1843)

Imparando a guardare alle cose da una prospettiva diversa. Con la bussola puntata verso il mare aperto per abbandonare la ‘rada delle abitudini’.

E serve soprattutto la motivazione al cambiamento. Perché è proprio la motivazione il carburante del cambiamento.

Iniziamo allora l’anno impegnandoci ad abbandonare qualche ‘piccola abitudine’ aggiornando il nostro sistema operativo come ci insegna l’approccio Kaizen (https://wordpress.com/post/cleolicalzi.it/1724) e diamo gas al cambiamento.

«L’abitudine è la più infame delle malattie perché ci fa accettare qualsiasi disgrazia, qualsiasi dolore, qualsiasi morte. Per abitudine si vive accanto a persone odiose, si impara a portar le catene, a subir ingiustizie, a soffrire, ci si rassegna al dolore, alla solitudine, a tutto. L’abitudine è il più spietato dei veleni perché entra in noi lentamente, silenziosamente, cresce a poco a poco nutrendosi della nostra inconsapevolezza e quando scopriamo di averla addosso ogni fibra di noi s’è adeguata, ogni gesto s’è condizionato, non esiste più medicina che possa guarirci». O.Fallaci

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